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Categoria: Thoughts

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La magia del mare di Levanzo

La magia del mare di Levanzo

Spesso la magia del momento in cui si scatta una foto la si rivive quando dopo tanto tempo si ritrovano quelle foto! chiunque ha la passione della Fotografia forse sa che poche cose sono controverse quanto guardare le proprie fotografie solo poco tempo dopo averle scattate e aver vissuto quei momenti.

Ed eccomi qua a mesi di distanza a pubblicare le foto dei magnifici giorni trascorsi a Levanzo nelle isole Egadi lo scorso Agosto. Proprio oggi la trasmissione televisiva LineaBlu mi ha riportato alla mente la magia di quei luoghi e l’unicità di quella piccola isoletta così distante dalle abitudini dei giorni d’oggi. (Per chi volesse tutta la puntata la trovate QUI).

La Sicilia, Le Egadi, Levanzo… Terre di colori, sapori, odori e sopratutto persone meravigliose! a tanti mesi di distanza e dai piedi delle alpi un abbraccio ed un a presto rivederci, chissà…

Sperando che vi piacciano… eccovi la piccola e bellissima Levanzo

Levanzo – Isole Egadi

 

Alfa Romeo 156, Il fascino che perdura

Alfa Romeo 156, Il fascino che perdura

Sarà per “colpa” della mia viscerale passione per il marchio del biscione… sarà perchè con la 156 è stato amore a prima vista nel lontano 1997 quando fu presentata… o sarà forse perchè la guido ormai tutti i giorni…

ma l’articolo che vi riporto qui di seguito mi ha molto colpito per le molteplici riflessioni, che condivido pienamente, sul passato e futuro di uno dei marchi che ha scritto la storia e reso grande l’auto italiana… l’Alfa Romeo

alfa-156

Uno sguardo alle vetrine, un aperitivo in Galleria. La mente è leggera, quasi distratta mentre passeggio per il centro di Milano dopo una giornata trascorsa in redazione. Improvvisamente qualcosa colpisce la mia attenzione. Mi guardo intorno. Niente. Ritorno sui miei passi e capisco: è quell’auto parcheggiata lì, lungo il marciapiede, splendente nel suo Azzurro Achille che sa di antico. Perfetta, lucida, senza un graffio. Sembra appena uscita dal concessionario, ma no, non può essere: si tratta di un’Alfa “156”, un modello di 15 anni fa. Eppure…

Eppure la sua linea è ancora attualissima. E bellissima. La guardo con attenzione e nostalgia: nelle sue forme e nei dettagli ritrovo quella “grammatica” che ha reso famose le auto del Biscione. Ritrovo la grinta, la personalità potente e aggressiva, la sensazione di attaccamento alla strada dei modelli di una volta; c’è tanto passato nella sua linea e ci sono tante soluzioni innovative. Prima di disegnare la “156”, Walter de’ Silva aveva a lungo assaporato l’essenza delle Alfa Romeo e della loro storia. Quand’era responsabile del Centro Stile Alfa Romeo di Arese (oggi è a capo di quello Volkswagen), de’ Silva usava trascorre giornate intere nell’adiacente museo. Prendeva appunti, come uno scrittore che annota pensieri sul suo taccuino: le Alfa dei tempi d’oro sono state le sue muse.

La lezione di Walter de’ Silva
Il museo di Arese, l’ha confidato più volte lui stesso, è stato un’insostituibile fonte di ispirazione e creatività: per dare identità al presente egli ha coniugato passato e futuro, storia e marketing. La sua matita ha tracciato linee che, parole sue, “…danno un senso al mito dell’Alfa, andando controcorrente, recuperando idee e forme che appartengono al nostro passato. E questa è la nostra vera bizzarria, la nostra originalità”. Ho raccontato in redazione del mio “incontro” con la “156” (il fatto risale a non più di un paio di settimane fa) e ne è nata una discussione. Tutti insieme ci siamo cimentati in un gioco di “reverse engineering”, cioè l’analisi che, dalla scomposizione di un prodotto finito, permette di risalire ai principi che lo hanno ispirato. Abbiamo osservato la “156”, ne abbiamo analizzato le linee, i volumi, i dettagli; poi abbiamo tirato fuori dall’archivio le foto delle Alfa Romeo del tempo che fu, di Touring, Pininfarina e Bertone. Ed ecco sulla “8C 2300 Monza”, sulla “8C 2900 B” e su molte altre Alfa degli anni 30 le stesse feritoie che sulla “156” abbracciano lo scudo.



Ecco sulla “Giulietta Spider” e sulla “Duetto” la “cometa”, cioè la piccola “bombatura” che raccorda lo stemma Alfa al cofano. Ed ecco ancora, sulla “Giulietta SS”, lo stesso taglio e lo stesso equilibrio tra lo scudo e le griglie laterali “divise” da un “baffo”. Nella coda raccolta e rastremata della “156” c’è un forte sapore di “1900”. Persino un colore come l’Azzurro Achille guarda al passato, così simile all’Acqua di Fonte di moda sulla “Giulietta” degli anni Cinquanta (la precisazione temporale è d’obbligo).

Vogliamo continuare? Prendiamo il disegno delle ruote: i cerchi in lega non ricordano forse quelli della Alfa da corsa tipo “TZ 2” e “33”? Come peraltro le borchie dei cerchi in acciaio, così simili alle ruote delle prime “Giulia”. E gli strumenti? Il design e la disposizione, per quanto moderni, ricalcano quelli delle Alfa più sportive dell’epoca di Arese, come le “Spider” fino ai primi anni 80. Se poi la osservi da certe angolazioni, la “156” sembra persino una “Giulietta Sprint”, grazie alla forma raccolta del padiglione e alla geniale intuizione (in seguito copiata da altri) di integrare e nascondere la maniglia della porta posteriore.


Sono nel museo le Alfa del futuro
Quel filo sottile, quell’“aria di famiglia” che ha unito nel loro succedersi “1900”, “Giulietta”, “Giulia”, “Alfetta”, “75” – e che era stato interrotto con la “155” – de’ Silva ha saputo riannodarlo con la “156”, recuperando con un colpo di matita un patrimonio storico e stilistico che molti ci invidiano (e qualcuno vorrebbe comprare). Certo, de’ Silva ha avuto il privilegio di disporre di una tradizione fatta di eccellenze, di successi agonistici, di design raffinato che forse nessun’altra Casa automobilistica può vantare. Ma non se ne è lasciato imprigionare. Da lì è partito per creare un prodotto assolutamente nuovo, originale e competitivo che ha dato speranza ai cultori del marchio (e intimorito la concorrenza). Il pubblico ha capito i messaggi subliminali della “156” e le ha decretato un successo che probabilmente l’Alfa non conosceva dai tempi dell’“Alfetta”. Le speranze di allora, spiace dirlo, sono state deluse. I modelli successivi non hanno avuto la forza della “156” e delle sue derivate “147” e “GT”. In quella tradizione c’è un gran potenziale che non basta un nome, fosse anche “Giulietta” o “Giulia”, a risvegliare.

Riaprite il museo di Arese. Portateci a fare un giro i designer del centro stile torinese (già, perché quello milanese non esiste più). Recuperate gli antichi valori. Come la “156” ha dimostrato, si può fare.

(Tratto da : Blog Ruote Classiche – Di : Alessandro Barteletti – disegni di Giorgio Alisi) 

 

 

Napoli al tempo dell’America’s Cup

Napoli al tempo dell’America’s Cup

Sarà che a parlar male di Napoli son bravi tutti, ma quanto è vero che poi la apprezzi davvero solo quando, una volta lasciata… ci ritorni.
E, proprio in occasione del mio primo ritorno a Napoli dopo “l’emigrazione”, che in aereo ho trovato l’articolo che vi ripropongo qui di seguito. Probabilmente da napoletano che quei luoghi, odori e sapori li conosce, ho ritrovato in queste righe riassunta l’essenza della bellezza di Napoli, che con i suoi mille problemi e contraddizioni resta un luogo in cui, dopotutto… non puoi non lasciarci il cuore.
Un pensiero a chi combatte per Napoli, e un invito per chi non la conosce ad innamorarsene.

Colgo anche l’occasione per pubblicare in anteprima alcune delle foto scattate Sabato 20 Aprile

Buona lettura…

Naples Gulf During America's Cup 2013

riq_articolo

Il mare è innamorato di Napoli. Un amore che dura da millenni, quanto è antica la città; un amore geloso e contrastato, goloso e conoscitore. Lo capisci camminando per quella terrazza sul golfo che è via Caracciolo, restituita da poco all’arte perduta delle passeggiate, tra l’acqua e la Villa Comunale; sbucando da un vicolo scuro di Chiaia per essere abbagliato dal riverbero; in alto, cercando l’azzurro del Tirreno tra il verde nel parco Grifeo. Il mare, a Napoli, ha imparato mille trucchi per continuare a stupire. E Napoli ne conosce altrettanti per irretire il mare.

Così, puoi averlo visto in centinaia di fotografie, di stampe, di acquerelli, di pitture a olio, in ampie vedute o negli scorci dei paesaggisti, e sorgere tra gli inchiostri di un portolano, dietro il fregio di una coda di sirena. Puoi averlo guardato dal vero e da vicino, sul piccolo villaggio nell’isolotto di tufo di Megaride, accanto ai bastioni quasi materni di Castel dell’Ovo; a precipizio dagli spalti di Castel Sant’Elmo, o disteso verso l’orizzonte dai bordi altoborghesi di via Petrarca. Il golfo di Napoli è probabilmente lo specchio d’acqua più conosciuto, ritratto e rappresentato del pianeta, che sia una quinta teatrale anonima o una tela intrisa di romanticismo di Anton Pitloo, l’olandese stregato dalla luce di Posillipo. Eppure riesce a meravigliare, ogni volta.

Il prossimo spettacolo collettivo sul palcoscenico del mare del golfo sarà la serie di regate, che avranno il culmine nelle World Series dell’Americas Cup, a metà aprile. È la seconda volta consecutiva che i bolidi a vela della Coppa America tornano a sfilare davanti al lungomare di via Caracciolo.

Gruppo_1

Lo scorso anno accorse a vederli mezzo milione di spettatori. Napoli, come un teatro marino, ha platee, palchi, loggioni. Dai terrazzi delle case di Chiaia agli spalti del lungomare e nel percorso che sale a Posillipo; dalle suites d’albergo alle sdraio dei circoli velici storici partenopei. Questi ultimi hanno aperto per l’occasione i loro cancelli a chiunque sia socio di un club di vela, di ogni parte del mondo. Inoltre, quest’anno, gli otto circoli storici hanno organizzato una doppia regata d’apertura il 13 aprile e il 14 aprile: il trofeo Grande Vela, su un campo di regata che arriva fino a Pozzuoli. Poi, dal 16 al 21, su un percorso più breve, in pratica davanti al Lungomare Caracciolo, si sfideranno i catamarani dell’America’s Cup, che eseguiranno virate e strambate a pochi metri dalla riva. Uno spettacolo ravvicinato, la topografia della città permette di assistere alle regate con i “piedi nell’acqua”. I napoletani sono abituati a vivere con il Tirreno sull’uscio di casa. Lo respirano. Lo usano. Che sia per andare a pescare o per una gita alle isole. Totò, nella sua parte di “imperatore di Capri”, saltava su un motoscafo per sbarcare in un attimo, avventurosamente, a Marina Grande. Lo scrittore Raffaele La Capria si tuffava ad angelo dal balcone di palazzo Donn’Anna, a Posillipo. Giuseppe Marotta lo chiamava un “mare domestico che sente d’alga e di sale come nessun altro mare”. L’odore del mare ti segue dappertutto a Napoli, anche quando non lo vedi. T’inebria a via Partenope e si fa denso nei “quartieri”, ti coglie di sorpresa e ti stordisce, a zaffate, perfino nel brulichio di San Biagio dei Librai e di via dei Tribunali.

E una simbiosi. Napoli sull’acqua c’è nata. Il primo insediamento dei coloni greci è stato probabilmente l’isolotto di tufo di Megaride. Più tardi, in epoca romana, il patrizio Licinio Lucullo vi fece costruire una villa nei cui giardini piantò alberi di pesco fatti venire dalla Persia e alberi di ciliegio da Cerasunto. I napoletani, sedotti, cominciavano a sedurre il mare. Più tardi la villa divenne Castel dell’Ovo, fatto di torri normanne, prigioni sveve, stanze del tesoro angioine, rifacimenti borbonici. Secondo una leggenda custodirebbe un uovo posto al suo interno da un Virgilio mago, oltre che poeta. Se l’uovo venisse sottratto, la città sarebbe colpita da rovina. Sembra che l’antichissimo castello ancora lo covi, quell’uovo misterioso. Sull’isola c’è anche l’aristocratico Circolo Savoia, il più prestigioso club velico della città, insieme al Circolo Italia: è nato accanto alla fornace della bottega di un fabbro; alle prime uscite, gli equipaggi venivano coperti dalle ceneri del mantice, una storia tutta napoletana, che mischia popolo e nobiltà. Sono a pochi metri dal mare, anche se il mare s’intuisce solo, la scenografia perfetta di piazza Plebiscito e il teatro San Carlo, il più antico teatro d’opera d’Europa, che abbagliò Stendhal.

E Chiaia, che una volta era una spiaggia, anche nel nome (viene da playa, spiaggia in spagnolo), oggi è il “salotto buono” di Napoli, con i magnifici palazzi fatti costruire dal ’600 alla fine dell’800 dall’aristocrazia come residenza estiva. In uno di questi (oggi palazzo Ruffo della Scaletta, sede del Goethe Institut), il cardinale Tiberio Carafa allestì un giardino zoologico, con tanto di bestie feroci. E poi: il rosso pompeiano della facciata di palazzo Caracciolo di San Teodoro, le torrette del palazzo Caravita di Sirignano, la mole di palazzo Ravaschieri, alleggerita dai busti che sbirciano dai timpani sopra le finestre. Palazzo Carafa della Roccella oggi ospita il Pan, uno dei poli delle arti, insieme al museo Madre. Si esce da una mostra e non si può evitare – anche a costo della fila – di prendere una pizzetta nel vicino bar Moccia – sono le più gustose di Napoli. E quindi del mondo. Di sera il quartiere si anima in una festa itinerante, dai baretti di Vico Belledonne agli aperitivi gremiti del Clu di via Poerio. La notte si allunga sulla costa fino al Teatro Posillipo, versione contemporanea di un café chantant, dove si balla con musica dal vivo fino a tardi. Il mare corteggia Napoli e la consuma. E sempre stato un amore difficile. Basta scorrere la storia remota e recente della città. Basta ricordare il furore (pure innamorato) del titolo di un libro famoso di Anna Maria Ortese: Il mare

Luna Rossa e Castel dell'ovo

non bagna Napoli. Ma è stato un amore felice. Basta cercare, nella memoria, una delle mille canzoni di Napoli.

Il mare, tra un verso e una nota, c’è quasi sempre. No, il mare non bagna Napoli: la morde e la bacia. Scava nicchie nell’immaginazione. A Mergellina, dove il suo sentore di-venta quasi commestibile, tra le fontane e le rampe. Nel borgo di Marechiaro, dove regna la calma piatta, protetti dallo scoglione; dove la luna fa venire voglia anche ai pesci di fare all’amore, come dice una delle ballate più ispirate di Salvatore di Giacomo. Dalle scale e dai ristoranti, la vista sul golfo è struggente. Come lo è la salita al promontorio di Posillipo: quartieri alti e pini svettanti, ville fin de siècle e le rovine della villa imperiale di Pausilypon: il golfo da qui sembra chinarsi sul Tirreno in un abbraccio. Da questo panorama, all’inizio dell’800, è nata un’intera scuola di pittura. Il mare bacia Napoli, la consuma. E mentre la consuma, la crea.

Fonte: (Alitalia ULISSE Magazine Aprile 2013) di Stefano Piraghi

“Un MINI-raid per mini-GOMMONI”

“Un MINI-raid per mini-GOMMONI”

Chi è capitato tra le pagine di questo blog negli ultimi mesi avrà avuto modo di leggere della “avventura” in gommone lungo la bellissima Costiera Amalfitana, vissuta con gli amici del forum gommoniemotori.com lo scorso 20 Ottobre.

ebbene… da alcuni giorni è uscito in edicola il numero 315 della rivista “Il Gommone”, che tutti gli appassionati conosceranno e avranno acquistato almeno una volta.

Copertina_IlGommone_Gennaio2013

all’interno della quale è stato pubblicato un articolo sulla nostra “scampagnata gommonautica”!!
Piccole divertenti soddisfazioni… ritrovarsi sulle pagine di un giornale tante volte sfogliato con curiosità e passione!
Grazie alla cortesia della redazione della rivista e alle foto degli amici partecipanti, siamo riusciti a mettere insieme un simpatico articolo, che secondo me, meglio non poteva illustrare la bellissima giornata trascorsa insieme, e in parte l’avventura di restauro del mio vecchio Pirelli Laros.

Vi lascio con un assaggio dell’articolo, con l’invito per tutti voi a comprare la rivista “Il Gommone” del bimestre Gennaio/Febbraio 2013!

Articolo_IlGommone

Nella speranza, con l’arrivo della bella stagione, di riuscire ad organizzare altre magnifiche giornate insieme per mare!

Un angolo di Paradiso… L’isola di Levanzo

Un angolo di Paradiso… L’isola di Levanzo

Eppure ero stato avvertito…

<<Attento perchè se ti piace quest’isola… ti viene la Levanzite e non te ne vuoi più andare>>

e forse forse, ci sono cascato…

Sarà che ti rendi conto che un posto ti è veramente piaciuto solo quando, andandotene ti rendi conto che ti dispiace veramente. Sarà anche che trovare al giorno d’oggi luoghi in cui si respirano i profumi e colori d’altri tempi è veramente difficile… ma quando poi li trovi, torni in pace con te stesso e con il mondo.

Levanzo è uno scorcio di vita fuori dal mondo, ritmi, atmosfere e profumi che non siamo più abituati a sentire, anche e soprattutto durante le ferie estive che sono spesso più caotiche del quotidiano.
la piccola Levanzo non offre nulla di più della essenza stessa del mare di un Isoletta apparentemente dimenticata e perciò un po magica… e questo basta per spaventare molti, ma anche e soprattutto a far innamorare tanti!

Scoperta un po per caso, e stata una scommessa… chi ama il mare, quello vero, non fatto di comodità ma di infiniti colori e musicali silenzi, non potrà che innamorarsene.
Sbarchi sull’isola e ti rendi velocemente conto che è tutto li, un gruppetto di case incastonato in una meravigliosa baia dai colori incredibili, e alle sue spalle ripide salite di roccia, che portano sull’altopiano dove si ha la sensazione di essere in piena campagna! niente asfalto, auto, traffico… scendi dall’aliscafo ed entri in una dimensione che forse in pochi condividono, ma che regala momenti di puro essere.


Vivere il mare, in modo così “incontaminato”, come è quasi impossibile fare nella maggior parte delle mete turistiche, è una esperienza per me unica.
L’italia e il mediterraneo sono meravigliosi quasi ad ogni angolo, ma purtroppo il turismo e il cattivo gusto spesso rovinano l’essenza dei luoghi, e trovarne di intatti è sempre più difficile.

Scorci, colori e persone rendono meraviglioso questo angolo di mediterraneo. Basta viaggiare un po per rendersi conto che molta parte di una esperienza è data dall’umanità che si incontra, conoscere quelle persone che ti trasmettono l’entusiasmo e la passione nel fare le cose da un incredibile valore aggiunto ai luoghi… Non credo sia solo per l’ancestrale stima che lega Napoletani e Siciliani, ma l’ospitalità, la gentilezza e la disponibilità trovate in Sicilia è difficile trovarle altrove…


Purtroppo come spesso capita, non basta il tempo di ambientarsi che subito si deve rientrare, quindi non c’è stato modo di conoscere tutti nel modo giusto… ma un ringraziamento particolare sicuramente va a Salvatore Greco che con disponibilità e amicizia ci ha ospitato nel Residence La Plaza di Levanzo, e che ci ha anche permesso di vivere il mare in un modo unico e speciale… a Graham per la piacevolissima compagnia e simpatia.
non ultimo ovviamente, un saluto e ringraziamento a Giuseppe Pisciotta, titolare del Diving Atmosphere Blu, che dal primo momento è stato complice e amico! e che oltre che avermi accompagnato in meravigliose “passeggiate” subaquee, ci ha trasmesso l’essenza del suo amore per Levanzo e per il mare, con una simpatia e disponibilità uniche.

Tante parole per descrivere delle sensazioni che forse è impossibile trasmettere perchè vanno vissute!! tutto per dire che certamente non è un Addio ma un caloroso “Arrivederci a Presto” con la Sicilia, terra magnifica… e anche e soprattutto con la piccola e bella Levanzo, con l’augurio di non cambiare più di tanto… perchè c’è bisogno di questi angoli di pace fuori dalla fretta del quotidiano.

A Presto per altre foto…